Banca d’Italia. Povertà energetica in Europa: l’importanza dei dati e il paradosso italiano

Banca d’Italia. Povertà energetica in Europa: l’importanza dei dati e il paradosso italiano

Il seguente paper della Banca d’Italia affronta il tema della povertà energetica – ovvero la difficoltà ad acquisire prodotti energetici essenziali – all’interno dell’Unione Europea, proponendo un approccio alternativo basato su dati di spesa delle famiglie.

Il documento critica l’indicatore più comunemente adottato a livello europeo, ovvero la percentuale di popolazione che dichiara di non riuscire a riscaldare adeguatamente la propria abitazione (EU-SILC). Pur essendo armonizzato e largamente diffuso, questo indicatore presenta alcuni difetti: è soggettivo, non consente confronti precisi tra Paesi e tende a sottostimare l’ampiezza del fenomeno.

Per superare questi limiti, gli autori propongono un approccio alternativo basato su dati oggettivi di spesa raccolti tramite l’EU Household Budget Survey (HBS), un’indagine armonizzata per 24 Stati membri relativa agli anni 2010, 2015 e 2020. In particolare, il paper applica una versione modificata dell’indicatore Low Income High Cost (M_LIHC), già adottata in Italia, che consente di intercettare le famiglie economicamente vulnerabili con spese energetiche elevate rispetto alla loro capacità di spesa.

L’analisi evidenzia una forte eterogeneità tra i Paesi. Nel 2020, circa l’11,7% delle famiglie nei 16 Stati membri risultava in condizione di povertà energetica, con punte superiori al 30% in Bulgaria, Finlandia e Malta. Francia, Germania e Spagna mostrano livelli costantemente superiori alla media UE, mentre l’Italia si colloca stabilmente al di sotto. Particolarmente rilevante è la quota di povertà energetica definita “nascosta”, ovvero famiglie con spese nulle o molto basse per il riscaldamento, spesso escluse dagli indicatori convenzionali: in Paesi come Spagna e Francia rappresentano circa un quinto della popolazione.

Il paper si chiude con una riflessione rilevante: la qualità e l’armonizzazione dei dati a livello europeo sono ancora troppo deboli per consentire il confronto sistematico tra Paesi e l’elaborazione di un indicatore europeo condiviso e affidabile. Il lavoro mostra che strumenti già disponibili – come l’EU-HBS – possono offrire fin da ora basi più solide per politiche di contrasto alla vulnerabilità energetica. Il caso italiano, dove il divario tra indicatori soggettivi e oggettivi – con una percezione del disagio più alta rispetto ai dati di spesa – è particolarmente marcato, dimostra quanto sia importante adottare un approccio capace di cogliere le diverse sfaccettature del fenomeno e di renderlo visibile anche quando si nasconde in soglie di consumo apparentemente “normali”.

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