Nuveen. Come gli investitori istituzionali guardano ai mercati privati nel 2025

Nuveen. Come gli investitori istituzionali guardano ai mercati privati nel 2025

Nuveen ha condotto un’indagine su 800 investitori istituzionali a livello globale, con l’obiettivo di comprendere le tendenze in atto e le variabili emergenti nella scelta di allocazione del capitale.

Il 66% degli intervistati prevede di aumentare le allocazioni nel settore immobiliare nei prossimi cinque anni; tra questi, circa due terzi (65%) indicano un interesse specifico per data center e tecnologie connesse. In questo scenario, le infrastrutture e il real estate si confermano le asset class alternative in maggiore crescita, soprattutto attraverso la domanda di infrastrutture digitali. Oltre il 90% degli investitori detiene oggi sia private equity sia private credit, rispetto al 45% del 2021, a conferma di un’evoluzione significativa nella costruzione dei portafogli alternativi. Si rafforza anche il focus sul credito per infrastrutture energetiche, sostenuto dalle politiche pubbliche a favore della transizione verde.

Il private equity continua a catalizzare la maggior parte dei flussi, ma anche nel private credit si registrano dinamiche vivaci, con comparti ad alto rendimento in espansione – come l’infrastructure credit e le soluzioni di fund finance (es. subscription line e NAV lending).

I portafogli con maggiore esposizione agli alternativi si distinguono per l’impiego di team dedicati, evidenziando una crescente sofisticazione nella gestione.

Le compagnie assicurative si affermano come i soggetti più dinamici: il 69% prevede di incrementare le proprie allocazioni nei prossimi cinque anni.

Le aree di maggiore interesse includono il private real estate debt (45%), il credito infrastrutturale energetico (46%), i private ABS (34%) e il fund finance (26%).

Sul fronte della sostenibilità, il 93% adotta o si prepara ad adottare criteri ESG, mentre il 55% ha già dedicato una quota di portafoglio all’impact investing — più del doppio rispetto al 26% registrato nel 2023.

Infine, l’approccio alla transizione energetica sta diventando più pragmatico: il 73% degli investitori riconosce la necessità di bilanciare fonti energetiche tradizionali e rinnovabili per soddisfare la domanda nel breve termine. Sebbene sia diminuita dal 79% al 61% la quota di chi considera inevitabile una transizione low-carbon, cresce l’impegno concreto: il 44% ha già fissato obiettivi net zero, e un ulteriore 25% prevede di farlo entro l’anno. La perdita di biodiversità viene percepita come uno dei principali rischi economici (45%), ma solo il 30% sta intensificando gli investimenti in questo ambito, con un focus su settori quali la gestione idrica, riciclo e riduzione dell’inquinamento.

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